Improvvisa e inaspettata dopo un'interminabile caduta immobile, giunse l'acqua e, nelle tenebre immote, solo la sensazione del liquido denso attorno a me che spezzava il limbo in cui ero precipitato. Con disgusto cercai di emergere mentre quell'icore amaro e putrescente mi riempiva la bocca e la nausea mi sconvolgeva. Cieco in un mondo di tenebra in cui nessuna direzione aveva senso finalmente trovai nuovamente l'aria.
Esausto giacqui su dorso sostenuto da quell'acqua scura, in tenebre ancora più scure con solo il mio respiro ansante a spezzare l'innaturale silenzio circostante. Non avevo il tempo per lasciarmi prendere dal panico poiché in quegli istanti interminabili il tempo sembrava non esistere nemmeno. Senza meta o cognizione della direzione strisciai come un insetto palustre sperando di trovare una riva o un appiglio.
Quasi non mi accorsi del lucore che gradualmente iniziava a diffondersi attorno a me, delineando le forme di quel mondo di tenebre in cui ero precipitato, dando finalmente una forma a quelle acque nere. Poi, quasi improvvisamente, con le braccia esauste ed i polmoni che ardevano per lo sforzo vidi il primo scoglio.
Roccia fredda e viscida su cui a malapena le mie mani stanche riuscivano ad aggrapparsi e su cui solo con uno sforzo interminabile riuscii ad issarmi ansimante. Forse mi addormentai, forse persi i sensi, so solo che mi ritrovai scosso da brividi di freddo mentre giacevo fradicio e immobile sullo scoglio, con gli spuntoni della roccia che mi trafiggevano crudelmente la carne e lievi rumori che provenivano dalle acque.
Fu in quel momento che mi resi conto che tutto intorno a me la luce finalmente permetteva di distinguere, seppur ancora in maniera indistinta, l'ambiente in cui mi trovavo. Ancora non so da dove quella luce fioca provenisse ma ringraziai tutto ciò che è sacro per il ritrovamento della vista.
Mi alzai in piedi sullo scoglio e barcollando passai sgraziatamente tra un masso e l'altro. Scivolai più volte cadendo nuovamente nelle acque che parevano sgradevolmente calde a confronto del freddo dell'aria fino a quando raggiunsi quella che sembrava una riva sassosa di quell'abisso nero. Davanti a me ora potevo distinguere una serie di piccoli acquitrini colmi della stessa acqua nera da cui ero emerso, pozze scure dall'odore malsano circondate da una stentata vegetazione pallida e bassa.
Al limite tra il timore e la meraviglia iniziai a camminare in quel mondo alieno e misterioso senza sapere, ancora una volta, dove stavo andando. Infine, mentre il terrore assaliva la mia mente, la vidi.
Acquattata nella vegetazione attendeva come un predatore la creatura. Alta e innaturalmente magra e muscolosa, con la pelle di un malsano colore verde ricoperta di strani segni simili a tatuaggi, mi guardava con quei suoi occhi neri. Nel momento in cui si mise in piedi potei osservare quanto la sua testa, sormontata da quelle specie di cresta puntuta e palmata che scendeva lungo il collo, superava di gran lunga la mia.
Con terrore crescente rimasi immobilizzato a guardare la bocca colma di denti aguzzi che si apriva mentre le orecchie appuntite si abbassavano come quelle di un felino in caccia. Il tempo si era nuovamente fermato, le mani dotate di quattro terribili artigli della creatura pronte a guizzare, forse in un passo a quattro zampe, verso di me, preda indifesa di questo mostro uscito da non so quale incubo.
Avrei dovuto scappare, avrei dovuto correre, cercare la salvezza o un rifugio da qualche parte ma non riuscivo a muovermi, come se fossi ipnotizzato da quegli occhi scuri, ed i pensieri si accavallavano nella mia mente mentre il panico cresceva inesorabile come l'avanzata della creatura tra gli acquitrini. Anche adesso mentre scrivo mi tremano le mani al solo ricordo di quegli istanti ed al pensiero di quanto accadde subito dopo. Lenti e silenziosi, alle spalle della creatura, spuntarono dalle acque nere alcuni tentacoli simili alle radici nodose di un albero secolare. Con una precisione micidiale, come se fossero dotati di occhi per vedere, i tentacoli assalirono la creatura immobilizzandola in una stretta che non lasciava via di scampo. Potei leggere lo stupore negli occhi della bestia che non ebbe nemmeno il tempo di reagire poiché uno dei tentacoli l'aveva trafitto trapassandolo da parte a parte. Come la lama di un coltello nel buio il tentacolo nero aveva tramutato il predatore in una preda agonizzante dalla cui bocca ferina si riversava uno strano miscuglio di saliva unito a sangue violaceo.
Come un vetro che si rompe la mia mente esplose in mille frammenti. Corsi, corsi a perdifiato tra gli acquitrini, senza pensare, senza vedere né sentire alcuna cosa, senza accorgermi delle ferite che le rocce aguzze mi provocavano ogni volta che cadevo, senza provare alcun dolore mentre la bassa vegetazione mi sferzava le gambe e le mani.
Senza accorgermi nemmeno di aver abbandonato quel luogo d'incubo...
Donna.. tu disegni da vera artista, e la tua mente sembra essere un affascinante mondo da esplorare.
Gama, dovresti indulgere meno nelle parole roboanti: apprezzo l'amore per la scrittura (e la lettura) che traspare dal tuo scritto, ma a volte il dono della scorrevolezza è più apprezzabile dell'eloquenza.
3 commenti:
Ed ecco qui il testo dei primi appunti. ;)
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Improvvisa e inaspettata dopo un'interminabile caduta immobile, giunse l'acqua e, nelle tenebre immote, solo la sensazione del liquido denso attorno a me che spezzava il limbo in cui ero precipitato.
Con disgusto cercai di emergere mentre quell'icore amaro e putrescente mi riempiva la bocca e la nausea mi sconvolgeva. Cieco in un mondo di tenebra in cui nessuna direzione aveva senso finalmente trovai nuovamente l'aria.
Esausto giacqui su dorso sostenuto da quell'acqua scura, in tenebre ancora più scure con solo il mio respiro ansante a spezzare l'innaturale silenzio circostante. Non avevo il tempo per lasciarmi prendere dal panico poiché in quegli istanti interminabili il tempo sembrava non esistere nemmeno.
Senza meta o cognizione della direzione strisciai come un insetto palustre sperando di trovare una riva o un appiglio.
Quasi non mi accorsi del lucore che gradualmente iniziava a diffondersi attorno a me, delineando le forme di quel mondo di tenebre in cui ero precipitato, dando finalmente una forma a quelle acque nere. Poi, quasi improvvisamente, con le braccia esauste ed i polmoni che ardevano per lo sforzo vidi il primo scoglio.
Roccia fredda e viscida su cui a malapena le mie mani stanche riuscivano ad aggrapparsi e su cui solo con uno sforzo interminabile riuscii ad issarmi ansimante. Forse mi addormentai, forse persi i sensi, so solo che mi ritrovai scosso da brividi di freddo mentre giacevo fradicio e immobile sullo scoglio, con gli spuntoni della roccia che mi trafiggevano crudelmente la carne e lievi rumori che provenivano dalle acque.
Fu in quel momento che mi resi conto che tutto intorno a me la luce finalmente permetteva di distinguere, seppur ancora in maniera indistinta, l'ambiente in cui mi trovavo. Ancora non so da dove quella luce fioca provenisse ma ringraziai tutto ciò che è sacro per il ritrovamento della vista.
Mi alzai in piedi sullo scoglio e barcollando passai sgraziatamente tra un masso e l'altro. Scivolai più volte cadendo nuovamente nelle acque che parevano sgradevolmente calde a confronto del freddo dell'aria fino a quando raggiunsi quella che sembrava una riva sassosa di quell'abisso nero.
Davanti a me ora potevo distinguere una serie di piccoli acquitrini colmi della stessa acqua nera da cui ero emerso, pozze scure dall'odore malsano circondate da una stentata vegetazione pallida e bassa.
Al limite tra il timore e la meraviglia iniziai a camminare in quel mondo alieno e misterioso senza sapere, ancora una volta, dove stavo andando. Infine, mentre il terrore assaliva la mia mente, la vidi.
Acquattata nella vegetazione attendeva come un predatore la creatura. Alta e innaturalmente magra e muscolosa, con la pelle di un malsano colore verde ricoperta di strani segni simili a tatuaggi, mi guardava con quei suoi occhi neri. Nel momento in cui si mise in piedi potei osservare quanto la sua testa, sormontata da quelle specie di cresta puntuta e palmata che scendeva lungo il collo, superava di gran lunga la mia.
Con terrore crescente rimasi immobilizzato a guardare la bocca colma di denti aguzzi che si apriva mentre le orecchie appuntite si abbassavano come quelle di un felino in caccia. Il tempo si era nuovamente fermato, le mani dotate di quattro terribili artigli della creatura pronte a guizzare, forse in un passo a quattro zampe, verso di me, preda indifesa di questo mostro uscito da non so quale incubo.
Avrei dovuto scappare, avrei dovuto correre, cercare la salvezza o un rifugio da qualche parte ma non riuscivo a muovermi, come se fossi ipnotizzato da quegli occhi scuri, ed i pensieri si accavallavano nella mia mente mentre il panico cresceva inesorabile come l'avanzata della creatura tra gli acquitrini.
Anche adesso mentre scrivo mi tremano le mani al solo ricordo di quegli istanti ed al pensiero di quanto accadde subito dopo.
Lenti e silenziosi, alle spalle della creatura, spuntarono dalle acque nere alcuni tentacoli simili alle radici nodose di un albero secolare. Con una precisione micidiale, come se fossero dotati di occhi per vedere, i tentacoli assalirono la creatura immobilizzandola in una stretta che non lasciava via di scampo. Potei leggere lo stupore negli occhi della bestia che non ebbe nemmeno il tempo di reagire poiché uno dei tentacoli l'aveva trafitto trapassandolo da parte a parte.
Come la lama di un coltello nel buio il tentacolo nero aveva tramutato il predatore in una preda agonizzante dalla cui bocca ferina si riversava uno strano miscuglio di saliva unito a sangue violaceo.
Come un vetro che si rompe la mia mente esplose in mille frammenti. Corsi, corsi a perdifiato tra gli acquitrini, senza pensare, senza vedere né sentire alcuna cosa, senza accorgermi delle ferite che le rocce aguzze mi provocavano ogni volta che cadevo, senza provare alcun dolore mentre la bassa vegetazione mi sferzava le gambe e le mani.
Senza accorgermi nemmeno di aver abbandonato quel luogo d'incubo...
Donna.. tu disegni da vera artista, e la tua mente sembra essere un affascinante mondo da esplorare.
Gama, dovresti indulgere meno nelle parole roboanti: apprezzo l'amore per la scrittura (e la lettura) che traspare dal tuo scritto, ma a volte il dono della scorrevolezza è più apprezzabile dell'eloquenza.
Augh, la lupa ha latrato.
:*
Grazie per le dritte, fai conto che è la prima stesura fatta di getto e mentre ero al lavoro. :P
Gama
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